Riferimenti normativi

LA SCUOLA INCLUSIVA

Scuola e disabilità hanno una storia recente, che segue l’evoluzione culturale della didattica speciale e del lessico di riferimento.

Negli anni ’30, a seguito della Riforma Gentile, la presenza degli alunni con disabilità era gestita sotto la logica dell’esclusione: esistevano le scuole speciali per gli alunni ciechi, sordi e con problematiche psichiche; gli istituti speciali che accoglievano le gravi patologie in forma residenziale; classi differenziali, all’interno dei plessi scolastici, riservati agli alunni con lievi ritardi. La visione, che ha accompagnato questa fase storica della scuola italiana, era quella dell’impossibilità di educare alunni che presentavano difficoltà.

Una prima svolta si è avuta con la L. 118/71 che ha previsto l’accoglienza degli alunni con lievi ritardi nelle classi comuni ed un primo coinvolgimento degli EE.LL. per la garanzia del diritto allo studio. Tuttavia tale norma presentava elementi di incostituzionalità, dal momento che prevedeva la facilitazione della frequenza a scuola, ma non la assicurava; inoltre non garantiva alcuna forma di didattica speciale, anzi l’adeguamento al contesto doveva partire proprio dall’alunno con disabilità.

La Magna Carta dell’inclusione può essere considerata la Relazione Falcucci, che ha messo in evidenza nel 1975 la necessità di aprire le porte delle classi comuni anche a coloro considerati “diversi”, sottolineando che la frequenza non doveva implicare il raggiungimento degli obietti comuni. Si comincia, quindi, ad affermare il concetto di pedagogia speciale ossia delle tecniche di insegnamento adattate ai bisogni degli alunni. Con la L. 517/77 le classi differenziali vengono abolite, si propongono modelli didattici flessibili -  attraverso attività di interclasse -  e vengono previste le figure di docenti specializzati.

Bisognerà attendere la L.104/92 per avere un Testo Unico della disabilità che regola le forme di programmazione coordinata dei servizi, successivamente aggiornata dalla L. 300/2000 Riforma dei Servizi Sociali. Sul piano scolastico la Legge Quadro ha avuto il merito di ampliare l’ottica dell’integrazione degli alunni con disabilità, ponendo l’attenzione sul progetto di vita condiviso dalle diverse figure istituzionali che entrano in gioco nella cura della persona disabile.

Con la Direttiva Bes del 2012 la prospettiva dell’integrazione scolastica si è orientata verso l’inclusività che può realizzarsi solo attraverso il miglioramento della qualità dell’insegnamento, superando la dicotomia docenti disciplinari/docenti di sostegno, attivando una didattica che si basi sulla specializzazione dell’intervento mirato per ogni alunno speciale. Tale visione viene completata dal D. Lgs 66/17 che, pur mantenendo l’impianto normativo della L.104/92, ha cercato di ordinare le fasi dell’accertamento e della certificazione, passando alla definizione degli strumenti e degli attori coinvolti nella formazione e crescita dell’alunno con disabilità.

Il decreto:

  • Introduce un approccio bio-psico-sociale con la redazione del Profilo di Funzionamento, secondo il modello ICF: si descrive il funzionamento e non la malattia; si osservano le condizioni di salute in relazione al contesto esterno che interagisce con il soggetto; si favorisce la relazione sociale per migliorare lo sviluppo; pone le basi per la progettazione del PEI.
  • Istituisce il Gruppo per l’Inclusione Territoriale, che interviene nella quantificazione delle risorse, accoglie la proposta del GLI e trasmette la sua all’USR.
  • Prevede una formazione specifica, rivolta in particolare ai docenti delle classi con alunni con disabilità.
  • Specifica che la valutazione delle scuole avverrà anche sulla base della qualità dell’inclusione.

Le scuole oggi ricoprono un ruolo fondamentale per gli alunni con disabilità e per le loro famiglie: accolgono gli alunni, individuando il loro talento, le loro risorse, gli ambiti di sviluppo ed attivano forme di didattica individualizzata, volta al pieno successo del progetto di vita, curando l’orientamento sia verticale che orizzontale, all’interno della comunità di riferimento.